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Un itinerario consigliato

Punto di partenza, la Piazza Aonzo. La piazza univa la Marina con la zona medievale che ora ci sta di fronte – il borgo del Monte -, un tempo privilegiato luogo di incontro. Qui carri guidati dai contadini e dai boscaioli, giunti dall’entroterra carichi di frutta, verdura e legna, facevano sosta per il commercio, il cambio dei ferri di cavallo, due chiacchiere e un bicchiere di nostralino.

Oggi piazza Aonzo è un invito a scoprire, nel fresco delle sue case, via De Maestri, che attraversa questo angolo di Liguria tra archi e piazzette, spazi poveri e suggestivi: un raro esempio di architettura spontanea, quasi intatto.

Il vicolo, o creuza , a sinistra di chi sale, è via Antico Ospedale, istituto sociale che nel ‘500 era attivo e accoglieva viandanti e ammalati nei locali siti al civico n. 4. Proseguendo, si incontrano i resti di antiche mura sbrecciate, dipinte con il “rosa di Liguria”, che lasciano vivere una pianta di capperi. Un ponticello in mattoni, i gradini consunti, dà la dimensione dell’ambiente, caratterizzato dal classico albero di fico che sporge rami e frutti.


Si rientra in via De Maestri per svoltare in via Finale Ligure, dove una targa indica il rifugio di Camillo Sbarbaro, autore di Pianissimo: accanto a Benedetta che gli fece da madre, e a Lina, fiera e dolce sorella, il poeta Camillo Sbarbaro, “estroso fanciullo”, guardò da questa casa tanto amata il cuore della terra.

Dalla casa di Camillo Sbarbaro, si intravede l’oratorio della SS. Annunziata, custodito dalla omonima confraternita e aperto dalle 8 alle 10 ogni domenica. Oltre le note opere d’arte, una raccolta di ex voto marinari testimonia la lontana vocazione della comunità spotornese. Dall’estremo del piazzale, sullo sfondo, si scorge il convento dei Cappuccini (1617), riconoscibile da un gruppo di cipressi. La campagna sottostante segna ancora il tempo contadino: il capanno di caccia, il pergolato in pietra per la vite, gli alberi di albicocche e di pesche.

A ritroso, il percorso ci conduce a Villa Bernarda, luogo di soggiorno, tra il 1925 e il 1926, di D. H. Lawrence, che amò Spotorno, come ricorda in una sua felicissima pagina:
”C’è una luna così luminosa che anche le vigne fanno un’ombra e il Mediterraneo scintilla di un grande biancore nella sua oscurità. Sulla spiaggia i lumi delle vecchie case ammiccano piano sopra il muro del promontorio si avanzano i fari di una locomotiva. È festa, il giorno di Santa Caterina, e gli uomini sono tutti di sotto, attorno alle piccole tavole, che devono vino o vermut…”.

Oggi però Villa Bernarda non c’è più. Dal 2001 al 2003 è stato trasformato il complesso di Villa Bernarda in alloggi di civile abitazione. Si può scorgere, sulla omonima Via Lawrence, la targa che ricorda lo scrittore David Herbert Lawrence, autore del tanto discusso “L’amante di Lady Chatterley”, che con la moglie Frieda, trascorse l’inverno tra il 1925 e 1926 nella villa Bernarda, che sorgeva a ridosso del portichetto dove è riportata la targa.

Palme, cipressi, agavi e mandorli fanno ala alla creuza che si inerpica tra gli orti fino al Castello Vescovile.
Solo quattro muraglioni con le guardiole agli angoli, le cui tracce risalgono al secolo XI. Ristrutturato, accolse nella sua cerchia un’ottantina di vani quadrangolari a uso unifamiliare, per dare ospitalità alla popolazione spotornese in caso di attacchi barbareschi.
Ora è d’obbligo voltarsi per ammirare il paese cresciuto troppo in fretta e uno scorcio dell’arco costiero fino a Capo Noli.

Ancora qualche centinaio di passi e la creuza conduce fino al bivio di due sentieri, dove l’erba sfiora il visitatore e l’occhio può scoprire i licheni multicolore che Camillo Sbarbaro collezionava. Il sentiero di sinistra porta alla grotta del Mortou, poco distante, mentre quello di destra si inoltra in mezzo alle fasce di un fitto uliveto e giunge fino al limitare del bosco della Lexea.
Radi pini marittimi scampati agli incendi, la ginestra, i ginepri, le cui bacche sono il paradiso dei tordi e degli esperti di cucina, formano il sottobosco, assieme al timo, alla ruta, all’erba peperina e a cespugli di lavanda selvatica profumatissima.
Qua e là, nei terreni incolti, se fortunati e nella stagione appropriata, si può gustare qualche fico appassito sui rami, le more e le sorbe.

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